di Paolo Panni
Nel “cuore” della campagna parmense, a due passi da Busseto e dalla casa in cui ebbe i natali nientemeno che Giuseppe Verdi, sorge un piccolo ma suggestivo santuario seicentesco ove, da secoli, si venera un’antica immagine della Beata Vergine Maria. Un luogo di tale importanza da aver dato il nome, Madonna Prati, anche alla borgata circostante. Qui Giuseppe Verdi, quando ancora era fanciullo, serviva regolarmente le funzioni e qui si avvicinò, fin dalla più tenera età, alla musica.
Ma il santuario è stato anche teatro di un fatto tanto incredibile, quanto tragico, paragonabile ad una profezia che ha proprio per protagonista il sommo musicista e compositore italiano. Proprio mentre, fanciullo, serviva messa inveì contro il sacerdote celebrante, don Giacomo Masini, che lo aveva strapazzato durante la funzione perché, anziché assolvere alle sue mansioni di chierichetto, stava assorto ad ascoltare un altro sacerdote, don Pietro Baistrocchi (col quale studiava) che suonava l’organo. Il celebrante per ben due volte chiese di avere le ampolline, senza avere nemmeno la risposta. Si spazientì e decise di passare dalle parole ai fatti colpendo il giovanissimo Verdi con una pedata. Il ragazzo cadde dai gradini dell’altare, battè il capo e svenne. Dovettero soccorrerlo e applicargli una benda sulla fronte. Nonostante fosse ancora un bambino, Giuseppe Verdi non piagnucolò e, una volta ripresi i sensi, non riuscì a trattenersi e lanciò l’anatema, in dialetto parmense, contro il sacerdote: “Dio t’manda na saiètta” che, tradotto, significa: “Dio ti mandi una saetta!”. Il funesto augurio, incredibilmente, si materializzò dopo poco tempo. Era il 14 settembre 1828 e si celebrava, quel giorno, la festività patronale del Santo Nome di Maria. Nel pomeriggio si pregavano i Vespri solenni alla presenza di don Giacomo Masini (il sacerdote a cui Verdi aveva augurato il fulmine), curato di Roncole; don Pietro Orzi, arciprete di Frescarolo; don Luigi Menegalli, arciprete di Semoriva; don Bartolomeo Orioli, arciprete di Spigarolo e don Pietro Montanari, prevosto di Roncole. Inoltre, in coro, erano presenti due giovani cantori: Francesco Alussi di Santa Croce di Polesine e Gaetano Bianchi di Roncole Verdi.
Il sacro edificio era colmo di fedeli quando, improvvisamente, dal catino dell’abside, giunse fragoroso un fulmine che, facendo il giro dell’interno, spogliò della doratura la grande cornice della Beata vergine, bruciò tutti gli ex voto appesi alle pareti lasciando incolumi i fedeli, ma uccidendo i sei del coro, vale a dire quattro sacerdoti e i due cantori. Si salvò soltanto il celebrante, don Pietro Montanari, vestito dei sacri paramenti di seta. Come certificato anche dallo stesso Pretore di Busseto, morirono anche due cani (che si trovavano in santuario) e una puledra (che era invece al pascolo a circa cinquecento passi dalla chiesa, forse uccisa però da un altro fulmine). Alla funzione doveva essere presente anche il giovane Verdi che, da Roncole, dove viveva, arrivava a Madonna Prati a piedi. Ma durante il tragitto, scorgendo il temporale, a metà circa del suo cammino chiese ed ottenne ospitalità ad una famiglia di amici, i signori Michiara, che conducevano il podere “La Cascina” (col beneplacito della Duchessa Maria Luigia). Passato il maltempo, il futuro musicista proseguì il cammino e, una volta giunto sul posto, si trovò di fronte l’amara sorpresa. Una confusione di gente attorno al santuario; chi frettolosamente usciva, chi invocava aiuto e chi raccontava agli altri le proprie impressioni. Verdi si precipitò all’interno dell’edificio e si trovò così di fronte i sei morti. Fra questi anche un suo parente: Gaetano Bianchi di Roncole, uno dei due cantori. Il tremendo spettacolo rimase fortemente impresso nella mente del giovane Verdi che sempre, durante la sua esistenza, rifuggì con orrore di parlare di quell’evento.
Da sempre, in tanti, si chiedono se quella sia stata una pura coincidenza o, se in qualche modo, Verdi avesse profetizzato il triste evento. Se è vero che non è chiaramente possibile dare una risposta, è altrettanto vero che il fatto, da sempre, continua a sollevare una forte curiosità tra la gente. Quest’anno si celebra, tra l’altro, il bicentenario della nascita del sommo musicista e compositore e l’accaduto non può che rinnovare la voglia di conoscere di tante persone. E, tornando sul fatto della casualità, o meno, di quanto accaduto a Madonna Prati, se da una parte verrebbe da affermare che i fatti fanno pensare ad una nefasta coincidenza, dall’altra è anche vero che molteplici sono gli aspetti misteriosi legati alla figura di Giuseppe Verdi. Non da ultimo il fatto che l’enorme giardino, da lui voluto e realizzato nella monumentale dimora di Sant’Agata, ha una significativa valenza esoterica.
Va anche detto che, in ogni caso, anche da adulto, il Cigno di Busseto fu sempre molto legato a questo luogo di cui è e resta uno dei pellegrini più illustri. Basti pensare che, quando costruì la famosa villa di Sant’Agata, da uomo di fede qual’era, pensò alla costruzione anche di una piccola cappella di famiglia e pensò, in particolare, al famoso quadro della Sacra Famiglia di Madonna Prati. Madonna Prati che, ancora oggi, gravita attorno a questo santuario sorto laddove in passato vi erano state grandi opere di disboscamento e bonifica da parte dei Benedettini di Castione Marchesi e dei Cistercensi di Chiaravalle della Colomba e Fontevivo. Nei prati di Roncole, intorno al 1600, fiorì uno dei tanti episodi di pietà cristiana che stanno incrollabili nei secoli a misurare e testimoniare la continuità e la profondità della fede della gente.
Fra i contadini che, per lavoro, frequentavano quei luoghi solitari, la suggestione della Natura e del Creato e la solennità dei vasti silenzi facevano da sfondo a interiori angosce ed ansie che sfociavano nella ricerca del distensivo e riposante mondo dell’amore. Grazie a qualche sacerdote che percorreva quelle lande a piedi, il nome della Madonna iniziò a farsi largo e ad essere ripetuto sempre più insistentemente. Qualche mano pia appese ad un pioppo una immagine sacra, altri vi deposero mazzi di fiori di campo ed iniziarono anche a circolare le voci di grazie ottenute, infittendosi così le visite ed i pellegrinaggi dei devoti. Nel 1632 fu eretta una cappellina con l’immagine della Vergine e aumentò sempre di più il numero di fedeli e pellegrini che vi si recavano in visita. Anche la Chiesa iniziò a interessarsi di quanto accadeva e, dopo accurate e caute indagini, gli inquirenti stabilirono l’esistenza di numerosi casi di guarigione e di scampati pericoli di fronte ai quali non poteva essere messo in dubbio l’intervento soprannaturale della Grazia Divina. Così, col tempo, andando incontro anche alle insistenti richieste dei fedeli, il vescovo autorizzò la costruzione del santuario, che ebbe inizio nel 1690.
E tuttora, questo santuario che svetta nel verde della campagna, ed è annoverato a tutti gli effetti fra i luoghi verdiani, continua ad essere meta di pellegrinaggi e di fedeli. Occorrono altresì, e senza dubbio, una maggiore valorizzazione ed anche importanti restauri. Chissà che il bicentenario verdiano possa essere la giusta occasione per realizzarli.
FONTI BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHEwww.santuariomadonnaprati.it
www.immac.it
www.santuari.it
www.vapensieroviaggi.com
D.Soresina, “Enciclopedia Diocesana Fidentina” Vol.II “Città e Paesi”, Artegrafica Fidenza, 1974
D.Soresina, “Enciclopedia Diocesana Fidentina” Vol.III “Le parrocchie, i parroci, le chiese”., Artegrafica Fidenza, 1979
Don Carlo Capuzzi e Guido Conti, “Il santuario di Madonna dei Prati”, Mup 2005
LE FOTO DEL SANTUARIO SONO DI PROPRIETA' DI PAOLO PANNI. PER UN LORO UTILIZZO E' NECESSARIO PRENDERE CONTATTO CON L'AUTORE
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