19 settembre 2013

LA DAMA BIANCA DI PELLEGRINO PARMENSE



di Paolo Panni




E’ una storia ultramillenaria quella che accompagna l’imponente e suggestivo castello di Pellegrino Parmense. Maniero oggi di proprietà della famiglia Catelli che, con lungimiranza e gusto, ne preserva la storia, il prestigio e si è anche fatta promotrice di significativi lavori di sistemazione.

Attingendo a piene mani alla storia ecco che occorre evidenziare che, nell'anno 981 Pellegrino fu concesso dall'imperatore Ottone II, con titolo di marchesato, ad Alberto di Baden, capostipite della famiglia Pallavicino che diede inizio alla costruzione del Castello: un possente fortilizio che dalla sommità di una collina domina, da un millennio, il suggestivo borgo. Nel 1198 il maniero fu quindi riedificato da Guglielmo Pallavicini.





La sua struttura possente, con le mura ciclopiche che lo proteggevano dagli assalti esterni, oltre ad una ulteriore cinta perimetrale collegata a quattro torrioni angolari, rese negli anni leggendaria la fermezza con cui il Castello si difese senza cedere ai numerosi attacchi subiti.
Una invincibilità che, tuttavia, cadde nel 1428 quando fu accerchiato e assaltato dai soldati di Niccolò Piccinino, celebre capitano di ventura perugino, al servizio del Duca di Milano. L’obiettivo era quello di catturare Manfredo Pallavicino, signore del castello, ribelle allo stesso Duca Visconti. Obiettivo che andò in porto, con Manfredo Pallavicino che fu così gettato e rinchiuso in una segreta (ancora oggi esistente), fu sottoposto a orribili torture e, una volta ammesso il reato di congiura contro il Duca Visconti, fu strangolato. Una vicenda agghiacciante, che fa il paio con altre, terribili, avvenute soprattutto nel XIV secolo quando il maniero sostenne l’esito delle soldatesche del Comune di Parma, aiutate dalle genti di oltre Taro e da due gruppi di cavalieri del Parmense. In seguito ad una sanguinosa lotta, il rio Battaglia corse, gonfio di sangue, ad arrossare le acque del vicino Stirone.





Nel 1742 il castello passò ai Fogliani e successivamente ai Meli Lupi di Soragna. I continui passaggi di proprietà hanno sminuito la conservazione del fortilizio ed all'inizio della seconda guerra mondiale, spoglio di ogni bellezza venne utilizzato dai Tedeschi come torre di osservazione e base di appoggio per massicci assembramenti di truppe. Recentemente ristrutturato ad opera di imprenditori privati, ed in particolare della famiglia Catelli, è tornato agli antichi splendori.





Celebre è la storia della cosiddetta “Dama Bianca”: da alcuni definita una “fata”, da altri addirittura scambiata per la Vergine Maria. Altri ancora invece vi hanno visto un uomo con un grande mantello bianco: forse lo spirito, senza pace, del povero Manfredo Pallavicino? Mai nessuno ha potuto dare una risposta a questi fenomeni che, tuttavia, nell’Ottocento hanno assunto estrema popolarità, al punto da richiamare frotte di curiosi e turisti che arrivavano da tutto il Parmense, ed anche dal Piacentino, per osservare le apparizioni. Un fatto che, come ricordano anche i documenti, diede notevole impulso al turismo e, quindi, al commercio locale. Se per coloro che vivevano all’interno del castello non era un fatto insolito quello di vedere questa figura aggirarsi tra una sala e l’altra, lo era invece per gli “esterni” che, come evidenziato, si recavano sul posto a frotte quando le apparizioni di questo fantasma divennero pubbliche. Una sorta di “fantasma superstar” capace di richiamare, per un lungo periodo, anche trecento persone al giorno. Come ricorda la storia, i fenomeni accadevano puntualmente tutti i giorni, dalle 18.15 a mezzanotte. Apparizioni che, a lungo andare, iniziarono ad infastidire le autorità che, al fine di placare la confusione, inviarono sul posto un distaccamento dei Dragoni Ducali: che proibirono ogni sorta di assembramento e, di fatto, anche del fantasma non ci fu più alcuna traccia.





Del fenomeno legato alla “Dama Banca” si interessò anche l’allora sindaco Giordano Marubbi, che stese un rapporto datato 15 marzo 1827. Rapporto che riportiamo per esteso:


“Essendosi noi sindaci sottoscritti del Comune di Pellegrino portati al castello per ivi indagare su di un fatto che è cagione di grande unione di popolo nel castello stesso di Pellegrino o meglio dire nelle adiacenze del castello. Ed avendo interrogati l’Angiola Orsi figlia del fu Luigi e la Anastasia Tegoni figlia del fu Tommaso ed il Sergente Bartolomeo Tozzi, i quali hanno dichiarato d’aver veduto un fantasma tutto bianco che posato sotto il manto che tutto lo ricopre spalle, collo e capo ma però hanno dichiarato di non averlo veduto in faccia né mani, e che piamente la suppongono essere la Santa Vergine oppure qualche santa. Solo dietro le nostre richieste hanno dichiarato le prime due d’averla veduta da otto giorno in qua, e che tutte le sere si lascia vedere incominciando nell’ora dell’avemaria 6 ¼ sino a notte avanzata. E tutto ciò hanno dichiarato di giurarlo all’occorrenza. Il sopra espresso fatto è quello che si è potuto dalle anzidette persone ed è pur quello che è la causa della grande unione di popolo ivi radunato e a dato segno di vederla e l’hanno dichiarato anche a voce tal visione, il popolo sarà in numero di trecento persone. Noi sottoscritti sindaci per quanto abbiamo potuto osservando con molta attenzione, per vederla nulla abbiamo veduto”.



FONTI BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE


T.Marcheselli – “Fantasmi e leggende dei castelli Parmensi”, Umberto Nicoli Editore.



G.Capacchi- “Castelli Parmigiani”, Silva Editore, 1997.

www.comune.pellegrino-parmense.pr.it

www.castellidelducato.it




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15 settembre 2013

DIABOLICI MISTERI TRA LE SEGRETE DELLA ROCCA DI BERCETO




di Paolo Panni






Di quella che, un tempo, era l’imponente Rocca di Berceto, rimangono oggi solo i ruderi. Rimasti a lungo sepolti al di sotto di un vecchio parco giochi, sono stati riportati alla luce, non molti anni fa, grazie ad un attento ed intelligente lavoro di scavo e recupero che ha permesso di arrivare a realizzare quel parco archeologico che rappresenta la testimonianza diretta, ed eclatante, di quello che era un possente, inespugnabile maniero.





Per coloro che si recano in visita all’antico, affascinante borgo di Berceto, non può mancare una “tappa” a questi resti che sorgono a due passi dal centro storico, ancora oggi quasi a “vegliare” sulle vicende di Berceto, e dei suoi abitanti.





Aggirarsi fra questi scavi significa osservare i resti di antiche torri, sale, cunicoli e segrete, prigioni e pozzi.





La storia di questa rocca, sorta senza dubbio sui resti di un remoto presidio longobardo, affonda le proprie radici ad oltre otto secoli fa. Esiste, negli archivi, un documento datato 1252 in cui si evidenzia che il castello era occupato dai fuoriusciti ghibellini. Che lo tennero almeno fino al 1308. Fu al centro di lunghe ed aspre contese; tra i proprietari che, nel tempo, si sono susseguiti spiccano il Comune, il Vescovo di Parma, il cardinale Luca Fieschi, Azzo da Correggio, la Camera Ducale, i conti Boscoli ed i Tarasconi-Smeraldi. Ma, soprattutto, la nobile e potente famiglia Rossi, che ne ebbe a lungo il dominio. Fra le sue mura nacque il celebre condottiero Pier Maria Rossi al quale si deve, di fatto, l’unica testimonianza visibile della possente rocca di Berceto, raffigurata da Benedetto Bembo, nella famosa “Camera d’Oro” di Torrechiara, proprio per volere di Pier Maria.



E sono tanto ricchi di fascino, quanto inquietanti, i misteri e le leggende che si celano fra le antiche mura di questo glorioso castello. I bercetesi, nel tempo, hanno sempre parlato di urla agghiaccianti provenire dai sotterranei. Forse il terribile lamento dei prigionieri che, qui, hanno perso la vita? Secondo quanto si tramanda, più che ai prigionieri, tutto questo sarebbe da attribuire ad un misterioso, diabolico animale, probabilmente una sorta di grezzo minotauro dagli occhi di bragia e dalle narici dilatate. O forse una specie di vitello che, secondo la leggenda, si troverebbe all’interno dei sotterranei a difesa del grande tesoro, andato perduto, della potente e terribile famiglia Rossi. Un bovino dagli occhi rossi che si farebbe sentire soltanto nelle notti di tempesta. E qui, aggiungiamo noi, è lecito sollevare un chiaro scetticismo dato che, quelle di tempesta, sono le notti in cui più facilmente si possono udire suoni e rumori di ogni genere: specie sui monti.






Fatto sta che, stando sempre alla leggenda, coloro che, nei secoli, si sarebbero avventurati alla ricerca dell’inestimabile tesoro, non sarebbero mai più tornati, dopo aver fatto i conti con questo mostruoso essere animato dalle forze del male. Forze del male che, del resto, animavano anche il suo padrone, Bertrando Rossi, figlio naturale di Pier Maria, terribile signore di Berceto che, nel 1496, venne maledetto dalla “strega di Bergotto”, tal Teresa Da Forno (che, tuttavia, secondo i più non era altro che una vittima dello stesso Bertrando). Maledizione che venne scatenata dopo che il potente signore di Berceto cercò di abusare della giovane Adelina, figlia di Alberto Fieschi. Tra l’altro Bertrando Rossi morì poi fra atroci dolori e terribili spasmi, dopo essere stato avvelenato per volere di Troilo, suo nipote ed erede. Nel giorno del decesso le forze del male avrebbero portato il loro “saluto” al diabolico Bertrando in modo tenebroso. Sopra al bosco di Bergotto, secondo quanto narra sempre la leggenda, su un’area molto vasta, si formò una incredibile moltitudine di enormi insetti neri, con ali di farfalloni, che, spostandosi in volo, visto il loro elevatissimo numero, arrivarono a “coprire” la luce del giorno ed a nascondere boschi e colli. La stessa cosa accadde sopra ai Fornelli, in direzione del monte Gravagna, quello su cui si trova la rocca, e poi lungo la Baganza, sino a Calestano. Una immagine terrificante, mai spiegata, che accompagnò il decesso di Bertrando Rossi. E sarebbero state proprio queste forze diaboliche a lasciare l’infuocato vitello, un essere quindi non di questo mondo, a custodire le ricchezze del nobile signore.






Si dice tra l’altro che, ormai molti anni fa, una notte quattro persone si avventurarono nei sotterranei, passando dall’imboccatura del pozzo, alla ricerca dello scomparso tesoro. Ma ad un tratto le luci delle loro lanterne si spensero ed intorno si udirono urla rabbiose ed inumane. Dei quattro non si trovò mai più traccia. Mentre c’è traccia, evidente, dell’antico pozzo, proprio nel bel mezzo degli scavi, a celare leggenda, storia e mistero.


FONTI BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE

T.Marcheselli – “Fantasmi e leggende dei castelli Parmensi”, Umberto Nicoli Editore.


G.Capacchi- “Castelli Parmigiani”, Silva Editore, 1997.

 
www.valtaro.it


www.mondimedievali.net




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2 settembre 2013

LO SPETTRALE PAESE DEI BAMBINI PERDUTI….DOVE I FANCIULLI PIANGONO E LA GENTE E’ FUGGITA

 di Paolo Panni






Sembra essersi fermato il tempo a Case Scapini, o Ca’ Scapini, amena borgata dell’Appennino Parmense, posta fra Compiano (di cui è frazione) e Bardi. Da tempo famosa più per le sue leggende ed i suoi misteri, più che per la sua umile storia, oggi si presenta ai rari visitatori in tutto il suo aspetto spettrale, e cupo. Le abitazioni, in larga parte ridotte a ruderi, giacciono come cadaveri ai piedi del monte, quasi a guardare “minacciose” coloro che osano avvicinarsi. Il bosco, lentamente si sta impadronendo del piccolo abitato. La natura torna a riappropriarsi, ancora una volta, di ciò che è suo. Lo fa laddove l’uomo ha deciso di andarsene, lasciandosi dietro alle spalle esperienze di vita, di lavoro, gioie e sofferenze. Queste ultime, fra storia e leggenda, sembrano spadroneggiare. Lo dicono anche i muri vetusti delle povere abitazioni: tutte senza porte e senza imposte. Case che si presentano tutte nello stesso stile. Uno stile povero, semplice. Non fatto certo per gente aristocratica, quanto piuttosto per contadini sanguigni e laboriosi, che tiravano avanti allevando bestiame, coltivando la terra e traendo il loro sostentamento, in parte, anche dal bosco.






Le tracce di questi abitanti sono poche, e povere. Brandelli di tende rimasti “aggrappati” alle finestre, qualche scarpa sparsa qua e là quasi a voler ribadire che, prima di noi, altre persone hanno camminato e percorso i viottoli della borgata. Ci sono anche i resti di ceste, di piccoli attrezzi per l’agricoltura, anche qualche bottiglia e qualche damigiana. Evidenti tracce di vita, quindi. Una vita che oggi non c’è più.






 Come sottolineato, leggende e misteri qui abbondano e le storie che narrano di avvenimenti inquietanti vengono riportate da tempo. Quanto e cosa c’è di vero? Dov’è il confine fra fantasia, leggenda e storia vissuta? Difficile dare una risposta, perché sono troppi i “si dice” e pochi i fatti dimostrabili o documentati.









E tante sono le domande. Perché il paesino è stato abbandonato? Che cosa ha portato la sua gente a fuggire? Questi sono alcuni degli interrogativi più ricorrenti. E’ anche curioso constatare come borghi che si raggiungono ben più difficilmente di Case Scapini sono ancora oggi abitati. Questo piccolo paese invece no. E allora, ancora una volta, sorgono i perché. Che si fanno inquietanti quando si prova a domandare alla gente che vive nei dintorni. Le risposte sono vaghe, condite o anticipate sempre dai “si dice”. Quasi a voler schivare l’argomento.




 Persone che sono state sul posto prima di noi, prese dalla curiosità o dalla voglia di scoprire, in tanti casi narrano invece di aver vissuto esperienze singolari. C’è chi giura di aver udito voci e lamenti di bambini, chi dice di essersi sentito seguire e chi ha avuto malori o avvertito improvvisi, forti cali di temperatura anche quando questi non erano giustificati o comprensibili.





Emilia Misteriosa, nell’ambito della propria attività, ha deciso di provare ad approfondire il tema. Lo ha fatto, innanzitutto, con un primo sopralluogo sul posto. Un intervento soprattutto di carattere conoscitivo, per rendersi conto dello stato dei luoghi, delle loro condizioni. Ed anche per un primo contatto con la particolare, tenebrosa di questo vetusto borgo di montagna. Ci saranno, prossimamente, verifiche e indagini, anche con l’uso di adeguate strumentazioni, più analitiche ed approfondite. Certamente vi riferiremo.






Intanto occorre però evidenziare che, questo primissimo sopralluogo, pur tenendo conto delle emozioni e delle situazioni di disagio o paura che può dare un paese abbandonato (e non conosciuto) è stato indubbiamente interessante.
Soprattutto in alcuni punti del paese, ed in determinate situazioni, si sono avvertite, da parte dei presenti, situazioni di “pesantezza” e disagio. Come se in quei determinati ambienti ci fosse qualcuno a seguirci, ad osservarci. Ancora una volta vi sono stati cali di temperatura, in pieno giorno e piena estate. E se è vero che laddove vi sono vaste aree ombreggiate, in un luogo privo di porte ed infissi, è più che normale lo sviluppo di correnti d’aria, anche fredde ed improvvise, è rimasta tuttavia la sensazione che alcuni di questi fenomeni non fossero così naturali o, comunque, così facilmente spiegabili.


E allora ci si chiede che cosa si cela, ancora oggi, fra quelle vecchie e povere mura? O in quel che resta dei piccoli viottoli?

Per questo occorreranno verifiche ed approfondimenti, anche ripetuti.




Nel frattempo è certamente utile fare una “panoramica” fra la miriade leggende e di misteri che accompagnano la vita di questo gruppo di case, dove il tempo si è fermato.




Già il fatto stesso che molti anziani della zona lo definiscano “il paese del pianto dei bambini” è tanto inquietante quanto curioso. Con insistenza, innanzitutto, si parla di un eccidio avvenuto, ad opera delle truppe tedesche, durante la seconda guerra mondiale. Una barbarie, si dice, in cui persero la vita donne ma, soprattutto, bambini. Negli anni a venire, stando sempre a quanto viene narrato, la gente si decise a fuggire, non potendone più di continuare a sentire, sia di giorno che di notte, il pianto straziante, le urla ed i gemiti dei bambini. Risulta anche che parecchie persone, che hanno coraggiosamente deciso di dormire in tenda a ridosso delle case, siano state svegliate di soprassalto, nel cuore della notte, dalle grida e dai pianti, talmente forti e laceranti da essere insopportabili.




C’è chi, ancora oggi, non esita a definire Case Scapini come il “paese maledetto”. Proprio per questi continui ed inspiegabili fatti. Ne spicca anche un altro, a nostro giudizio, talmente clamoroso da essere decisamente poco credibile. Si parla da molti anni, infatti, di sette piccoli che sarebbero stati incredibilmente dimenticati nel paese nel momento in cui questo, in fretta e furia, è stato abbandonato. I bambini, addirittura, sarebbero stati abbandonati lì di proposito, perché orfani, e perché, vista la povertà dell’epoca, nessuno poteva occuparsi di loro. Stando invece ad un’altra versione, pare che questi sette piccoli fossero gravemente malati, col destino pertanto segnato. E c’è anche un’altra versione, forse più fantasiosa, che vuole invece che questi bambini siano semplicemente “fantasmi” talmente legati al loro paese d’origine, da non volerlo più lasciare. Diverse versioni quindi, per un luogo che, da decenni, dagli anziani della zona è conosciuto come il “paese dei bambini perduti” o il “paese dei bambini che piangono”.



E c’è anche un’altra storia, che tuttavia non trova conferme, legata al destino di una giovane pastorella. La ragazza, un giorno, negli anni Quaranta, sarebbe stata trovata morta, col corpo orribilmente mutilato, abbandonata nelle immediate vicinanze della cappella che c’è all’entrata del paese. Un delitto che non trova alcuna conferma storica. Resta però un elemento “interessante”. Vale a dire la croce nera che si trova a pochi metri dal tempietto. In tutto e per tutto simile ad una croce tombale. Che sia il segno di quel fatto così agghiacciante?

Da tempo si parla poi di riti satanici, o esoterici, avvenuti in questi anni, a paese già abbandonato. Il sopralluogo da noi effettuato non ha fatto “rintracciare” nulla che potesse essere riconducibile ad iniziative e riti di quel genere.



Qualcuno ha anche affermato che la denominazione “Scapini” sia un termine dialettale che trarrebbe la propria origine dalle piccole scarpe utilizzate dai bambini. Teoria, questa, che va del tutto smentita. Il toponimo Scapini deriva infatti dal cognome di una famiglia del luogo, come accade per numerosissimi altri paesi che hanno come denominazione il termine “Cà” o “Case” accompagnato dal cognome di una famiglia “in vista” locale.





Effettuate queste precisazioni, restano tuttavia evidenti i misteri che accompagnano le vicende di questa borgata. Borgata dove, ancora una volta, storia e mistero, leggenda e tradizione, realtà e fantasia si mescolano, lasciando però evidente quell’atmosfera inquietante che, da sempre, si avverte quando si mette piede in questo luogo.




A tutti i nostri lettori diamo quindi appuntamento alle prossime “puntate” che realizzeremo su questa amena località dell’Appennino. Ed a tutti coloro che fossero a conoscenza di qualsiasi notizia o leggenda relativa al luogo, utile ai nostri approfondimenti, chiediamo di non esitare a contattarci. Così come chiediamo di fare la stessa cosa a coloro che fossero stati al centro di fenomeni singolari.



FONTI BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE


paesifantasma.wordpress.com

www.youtube.com

www.italiaperduta.com

fantasmitalia.forumcommunity.net

www.valtaro.org

www.esvaso.it



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