di Paolo Panni
Testimoniare la propria fede dando la vita. La storia del cristianesimo è piena di santi che, nel corso dei secoli, sono andati incontro al martirio a costo di non rinnegare il loro credo. E’ sufficiente attingere al “Martirologio Romano”, celebre libro liturgico la cui ultima edizione annovera qualcosa come 6538 voci, per venire a conoscenza di quanti santi hanno perso la vita per fede, nei modi più diversi ed atroci. Uno dei più terribili e sanguinosi è certamente quello della decapitazione. Un tipo di pena di morte, va subito evidenziato, che era assai in voga sia tra gli antichi egizi che tra i romani. Lungo è l’elenco dei “santi senza testa”: uno su tutti, forse il più celebre, è Giovanni Battista, una delle più eminenti figure dei Vangeli, la cui vita e predicazione sono fortemente legate all’opera di Gesù Cristo. Conosciuto anche come san Giovanni Decollato, figura a cui erano particolarmente legati i Templari (che gli dedicarono diverse chiese), proprio durante la sua predicazione condannò pubblicamente la condotta di Erode Antipa, che conviveva con la cognata Erodiade. A quel punto il re lo fece prima imprigionare, poi, per compiacere la bella figlia di Erodiade, Salomè, che aveva ballato ad un banchetto, lo fece decapitare. Altra notissima figura è nientemeno che quella di San Paolo Apostolo, decapitato secondo la tradizione il 29 giugno di un anno imprecisato (probabilmente il 67) in una località detta “palude Salvia”, a due passi da Roma. Luogo poi detto Tre Fontane, in seguito al prodigioso evento dei tre zampilli che sgorgarono quando la testa dell’Apostolo, una volta mozzata, rimbalzò tre volte a terra. Ci sono poi santi, a loro volta decollati, la cui esistenza è addirittura in dubbio, come san Giorgio e santa Caterina d’Alessandria, mentre tra le figure più leggendarie spicca quella di san Cristoforo, in molte raffigurazioni bizantine raffigurato come cinocefalo, vale a dire un essere mitologico dal corpo d’uomo e dalla testa, invece, di canide, con dimensioni il più delle volte gigantesche. Presenta tra l’altro caratteri molto comuni sia al dio egizio Anubi che a molti racconti di cinocefali; ma sarebbe anche un retaggio di culti pagani legati al moto astronomico di Sirio. Cristoforo, secondo quanto riporta la storia, subì il martirio per decapitazione in Licia, sotto Decio, nel 250. Di spicco poi un’altra celebre figura, quella di santa Barbara, il cui martirio iniziò con la flagellazione. Ma le verghe utilizzate, all’improvviso, si tramutarono in piume di pavone e così, per ovviare a questo “imprevisto”, si decise prima la tortura col fuoco e, quindi l’asportazione dei seni e la decapitazione, operata da Dioscoro, che subito dopo, morì fulminato. L’elenco è lungo e, fra i martiri decapitati più famosi spiccano anche i santi Felice e Fortunato, Cosma e Damiano, Maurizio e addirittura il santo degli innamorati, Valentino, patrono di Terni (la cui testa fu addirittura rubata e ritrovata 25 anni dopo). Spesso storia e leggenda si mescolano e così il mistero si infittisce. Tra le vicende più incredibili spiccano quelle di santi cefalori, che una volta subita la decapitazione hanno raccolto, con le loro mani, la propria testa trasportandola in cammino fino ai luoghi dove sono poi sorte le chiese che accolgono le loro spoglie.
Fa parte, Donnino, dei martiri dei primi secoli del cristianesimo ed il suo culto è diffuso anche in diverse altre regioni italiane, oltre che all’estero. Tribuno romano alla corte imperiale di Massimiano, si convertì, insieme ai suoi compagni, al cristianesimo. Mentre era diretto verso Roma passando sulla via Claudia, o Emilia, fu raggiunto dai sicari dell’imperatore sulla riva del torrente Stirone. I soldati lo finirono mozzandogli la testa. Lui, secondo la tradizione, non oppose alcuna resistenza e, stese le mani, raccolse il proprio capo, attraversando il torrente e portandosi sulla riva opposta. Di fronte a quel fatto i suoi uccisori fuggirono atterriti e ci fu chi, vinto dal rimorso e dalla commozione si convertì. Il martirio avvenne il 9 ottobre, di un anno tra il 290 e il 295.
Per oltre un secolo il suo sepolcro rimase sconosciuto e venne rivelato in modo prodigioso. Fu ritrovato dopo che i fedeli della zona, avendo notato per più notti rifulgere di splendore una luce misteriosa sopra un terreno circondato da boschi, segnalarono i fatti al vescovo di Parma che si portò personalmente sul posto e, assistendo lui stesso alla comparsa di una luce sfavillante ordinò la realizzazione di scavi che portarono a ritrovare il corpo del martire con tanto di iscrizione, posta su una pietra tuttora conservata in cattedrale, che recita “Absconditus loculus Sancti Dominini Martyris Christi” (vale a dire “Questo è il sepolcro di San Donnino, Martire di Cristo). La vicenda biografica del santo, sempre raffigurato mentre porta in mano la propria testa, è per altro “narrata” dagli splendidi bassorilievi che spiccano sulla facciata del duomo.
Tante sono le grazie che gli vengono attribuite. Una su tutte quella che affonda le proprie radici alla seconda guerra mondiale. Infatti il 2 ed il 13 maggio Fidenza venne colpita da fortissimi bombardamenti aerei che distrussero il palazzo e la sede della curia vescovile, il seminario e numerose abitazioni poste a due passi dalla cattedrale, che rimase incredibilmente e prodigiosamente intatta.
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L’articolo di Paolo Panni è stato pubblicato sul numero 8 di Dicembre 2013 della rivista “Mistero”. Protetto da Copyright, viene pubblicato su questo blog per gentile concessione della redazione di “Mistero”, e degli amici Simona Gonzi e Ade Capone.
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