Quello fidentino,
e più in generale della Bassa Ovest, è un territorio
eccezionalmente ricco di scoperte, e sorprese, di carattere
archeologico. Un giacimento di storia straordinario, un “museo
sotterraneo”, che da Fidenza a Siccomonte, da Castione Marchesi a
Vaio, per proseguire verso Busseto e la Bassa Parmense (e Piacentina)
è di assoluta rilevanza. Ma ancora poco conosciuto. Fidenza
meriterebbe, senza dubbio, un museo archeologico capace di mettere in
risalto questa ricchezza.
E’ stato di
grande interesse l’incontro dal titolo “Cenni sul popolamenti
antico della Bassa Pianura Parmense a Ovest del Taro” che si è
tenuto a Busseto in apertura della quinta edizione de “I martedì
della storia – Conversazioni nella Bassa", rassegna promossa dal
Movimento culturale per la Bassa Parmense col patrocinio dei Comuni
di Busseto e Zibello e della Biblioteca della Fondazione Cariparma di
Busseto.
Relatrice d’eccezione, la dottoressa Manuela Catarsi,
della Soprintendenza per il beni archeologici dell’Emilia Romagna.
E’ stata lei stessa, in apertura di serata a definire quello della
Bassa, e del Fidentino soprattutto, un territorio ricco a livello
archeologico. “Tanti interventi isolati in trent’anni di attività
– ha detto – hanno prodotto risultati nuovi sul popolamento
antico di questo territorio, molto condizionato dall’idrografia”.
Le tracce più antiche, come riferito dalla stessa Catarsi, al
momento non vanno più indietro del Neolitico. E proprio rifacendosi
a questo periodo si è soffermata sui ritrovamenti avvenuti a Soragna
(Case Moruzzi), Paroletta di Fontanellato, ai Muroni di Sanguinaro,
a Ponteghiara (dove esisteva già un villaggio nel V sec. A.C.,
oggetto di un importante scavo nel 1995), per poi parlare delle
terramare del Castellazzo di Fontanellato e, soprattutto, di Castione
Marchesi. Proprio nel caso di Castione, rifacendosi in modo
particolare agli studi e ai ritrovamenti del Pigorini, ha ricordato
che le arginature erano contenute da cassoni lignei (aspetto su cui
permangono varie tesi) e, parlando dei ritrovamenti effettuati, ha
sottolineato il rinvenimento di tracce di ambra del Baltico. Ambra
che, tra le altre cose, aveva poteri taumaturgici e protettivi ed
arrivava, probabilmente, nelle zone del Veneto per poi essere
distribuita nei restanti territori della Pianura Padana. All’ambra
è legata, come ricordato da Manuela Catarsi, anche la Leggenda di
Fetonte, il figlio del Sole che volle guidare il carro del padre, ma
non ne fu capace e così incendiò il cielo, bruciando gli uomini
sulla terra. A quel punto Zeus lo colpì con un fulmine facendolo
cadere nell’Eridano (il Po). Le Heliadi (sorelle di Fetente)
piansero la morte del loro congiunto e Zaus, impietosito dal dolore,
le tramutò in pioppi e le loro lacrime divennero gocce d’ambra.
In tema di
terramare, Manuela Catarsi si è poi soffermata su quelle di
Cabriolo, Alseno, Casaroldo di Samboseto, Castelnuovo Fogliani e
della Montata di Roncole Verdi. Proprio a Roncole, nel 2010, durante
i lavori di ampliamento del cimitero, fu fatta una strana scoperta.
Venne infatti rinvenuto uno scheletro con, accanto ad un orecchio, un
pugnale dell’età del bronzo. Emersero anche i resti di bruciature,
a dimostrazione forse della presenza di un cimitero terramaricolo.
Passando quindi
all’Età del Ferro, i ritrovamenti effettuati in questi anni, come
spiegato sempre dalla Catarsi, hanno permesso di stabilire che,
contrariamente a quanto sostengono alcuni storici e studiosi, gli
etruschi raggiunsero anche le nostre terre. Sono stati infatti
rinvenuti diversi siti dell’età del ferro.
Su tutti ha definito
fantastico, per l’Emilia Occidentale, quello di Siccomonte (trovato
negli anni Novanta). “Qui – ha detto la Catarsi – abbiamo
trovato cose stupefacenti legate agli etruschi”. Il tutto venne
alla luce durante lavori dell’Aeronautica Militare per la posa di
infrastrutture del ministero della Difesa. Grazie alla determinazione
di Manuela Catarsi, e al suo prezioso impegno, vennero effettuati
scavi e indagini geofisiche. Che hanno permesso di stabilire che,
quello in questione, è un insediamento etrusco di oltre 11 ettari e
mezzo, che fa tranquillamente il paio con gli insediamenti di Spina e
di Marzabotto.
Resti di villaggi etrusco vennero alla luce anche
durante i lavori di realizzazione dell’ospedale di Vaio, a Castione
Marchesi e in località Fondo Portone a Busseto. Quello di
Siccomonte, secondo la Catarsi, era probabilmente un grande villaggio
strutturato, poi saccheggiato con l’arrivo dei Celti. Di questi
restano poche testimonianze ma “le più tangibili – ha detto la
studiosa – sono nella zona di Fidenza”.
Passando quindi alla
“Romanizzazione” si è ampiamente soffermata sulle differenze fra
Parma (città di fondazione) e Fidenza (che nasce spontaneamente
lungo la via Emilia) che si possono notare osservando anche la stessa
conformazione delle due città.
Ha parlato in modo particolare della
celebre Tabula Patronatus di Campore, recuperata anni fa in una villa
romana della stessa Campore di Salsomaggiore, mettendo in evidenza
soprattutto gli studi effettuati da Mirella Marini Calvani..
“Fidenza, nata come praefectura nel corso del II sec. a.C. lungo,
la via Emilia e divenuta municipium nel corso del I sec. a.C. – ha
ricordato la Catarsi - era ancora fiorente nel 206 d.C., come attesta
la tabula patronatus recuperata in una villa romana a Campore di
Salsomaggiore.
In epoca tardoantica,
tuttavia, soffrì a tal punto della crisi politica, sociale ed
economica, che investì l’Impero romano da perdere ogni
connotazione urbana al punto da non essere neppure più ricordata
tanto che nella passio di San Donnino, si dice che il martire venne
decapitato a 15 miglia da Parma sulle rive del torrente Stirone. Al
ritrovamento del corpo santo e alla nascita del culto del martire si
deve la ripresa della città, che prenderà il nome di Borgo San
Donnino (Castrum Burgi Sancti Domnini) e si disporrà attorno alla
sua tomba e alla Chiesa sorta su di essa”.
Viene data inoltre per
certa l’esistenza, nell’antica Fidenza di un tempio dedicato a
Minerva il cui culto, in epoca celtica, era legato a quello delle
acque salutari. Secondo Manuela Catarsi non è improbabile che le
colonne più antiche della cripta della Cattedrale di San Donnino
siano, in realtà, quelle che ornavano il remoto Tempio di Minerva.
Fidenza, secondo gli studi effettuati, fu anche al centro di
probabili combattimenti fra gladiatori, seppur quasi sicuramente
sprovvista di un anfiteatro.
Si è poi parlato della
Villa Romana di Cannetolo (emersa durante la realizzazione della
linea ad alta velocità) dove sono stati rinvenuti numerosi oggetti
agricoli, specie per la lavorazione del terreno, in un numero
talmente abbondante da superare addirittura quelli di Pompei. Senza
dimenticare la villa romana scoperta nell’area di fronte
all’ospedale di Vaio (dove sono emersi anche i resti di una
glareata) e gli scavi archeologici di via Bacchini e di piazza
Pezzana.
Non sono mancati gli
approfondimenti legati alla figura di San Donnino, patrono della
città e della diocesi di Fidenza, e al ritrovamento di numerose
sepolture emerse, pochi anni fa, durante lavori di scavo attorno al
Duomo. Di fronte alla Cattedrale, all’altezza di Palazzo Bellotti,
sono inoltre stati rinvenuti i resti dell’antico cantiere servito
per la realizzazione della stessa grande cattedrale.
Passando al popolo dei
Longobardi, Manuela Catarsi ha parlato del ritrovamento di tombe
avvenuto a Fidenza in via Donatori del Sangue, soffermandosi anche
sull’ampia toponomastica e sugli studi compiuti da Paolo Diacono,
grande storico dei longobardi stessi.
Spostandosi
appena fuori dal territorio fidentino, ecco che tra le notizie di
questi ultimi anni, ha parlato del rinvenimento di canalizzazioni di
epoca altomedioevale in località Colombara a Busseto, lungo la nuova
tangenziale di Busseto, ma anche di tracce di palificate
altomedioevali a Roncole Verdi e di una casa lignea all’altezza
della vasca di laminazione sul cavo Ramazzone a Busseto. Infine ha
dato notizia del ritrovamento dei resti di una fornace post-antica a
Vidalenzo di Polesine (forse servita per realizzare i mattoni per
l’originaria Villa Verdi), di antiche mura sotto la cappella della
Madonna Rossa a Busseto e, freschissima novità, la scoperta di una
villa romana nella zona di Pieveottoville dove sono emerse tegole
bollate e il bollo stesso (realizzato in terracotta): prima volta a
livello nazionale che avviene un ritrovamento del genere.
L’occasione è
stata anche utile, infine, per sollecitare, ancora una volta, la
creazione di un museo archeologico, a Fidenza.
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