di Michele Scolari
Secondo una leggenda medievale riportata da Jacopo D’Acqui ma risalente alla distruzione di Cremona da parte del re longobardo Agilulfo, un leone sarebbe seppellito sotto il campanile romanico del Duomo di Cremona.
Quanti sono i leoni posti a proteggere la cattedrale di Cremona? Se contassimo soltanto quelli stilofori, la risposta sarebbe sei: due a sostegno del protiro dell’ingresso principale, due al protiro del portale settentrionale del transetto (scolpiti dal ticinese Giambonino da Bissone forse assieme a Guglielmo da Campione) e due a quello del battistero. Ma se cominciassimo ad includere anche i quattro più piccoli che sorreggono le quattro colonnine della loggia sopra il protiro, il numero salirebbe a dieci. Ed aumenterebbe progressivamente a undici aggiungendo quello alato (simboleggiante San Marco) posto sul capitello destro del portale; a dodici, con quello scolpito sotto i cavalli di luglio (nei fregi dei mesi sopra l’arco gotico del protiro); e, infine, a tredici, con quello posto sul capitello vegetale ai piedi della facciata (volendo si potrebbe conteggiare anche quello non scultoreo ma dipinto, che troneggia nel circolo zodiacale dell’orologio astronomico di Giovanni e Francesco Divizioli). Eppure, alcuni sostengono che ve ne sarebbe ancora uno. Secondo un’antica leggenda, testimoniata nel XIV secolo ma risalente all’epoca dell’invasione longobarda, nelle fondamenta del Torrazzo giacerebbe sepolto il quattordicesimo leone. Quest’ultimo però non marmoreo: si tratterebbe di un esemplare in carne ed ossa.
La narrazione poetica della vicenda è contenuta in un passo della Cronica Imaginis Mundi, scritta tra il 1300 e il 1334 dal cronista Jacopo d’Acqui (segnalato dapprima dal professor Giuseppe Pontiroli e successivamente dall’architetto Maria Teresa Saracino, della Soprintendenza di Brescia, Cremona e Mantova). Era l’anno 603 e le armate del re longobardo Agilulfo, penetrate un trentennio prima in Pianura Padana dal Friuli sotto la guida di Alboino, giunsero alle porte di Cremona, la quale, rimasta fedele all’Impero Romano d’Oriente, rappresentava l’avamposto più settentrionale dell’Esarcato di Ravenna. A parte le motivazioni politiche (la fedeltà di Cremona a Roma), sembra che l’ira di Agilulfo verso la città fosse alimentata anche dal fatto che i bizantini avevano rapito sua figlia e suo genero, portandoli proprio a Cremona.
Per questo, racconta Jacopo, «nel mese di luglio Agilulfo pose un terribile assedio a Cremona e la prese alle XII calende di Settembre e la rase al suolo, con l’ordinanza che nessuno dovesse abitarci e chi avesse voluto comunque risiedervi sarebbe stato decapitato». I pochi cittadini superstiti ad un simile scempio vennero costretti ad abbandonare la città. Sicchè, prosegue Jacopo, «per lungo tempo Cremona rimase disabitata – gli abitanti avevano fondato borghi e villaggi nei boschi verso Lodi e sugli isolotti del Po, ndr - e divenne deserta – fonti locali dicono per quasi vent’anni, ndr . – Capitò dopo molto tempo dopo che un certo gran principe Gallico passasse di lì in buona comitiva e che si accampasse per caso nel luogo dove c’era stata Cremona. Ed ecco che un leone si avvicinò zoppicando e mostrò la zampa, lesa da una spina al principe, il quale, per nulla spaventato, curò la zampa del leone che subito sparì e, dopo un’ora, tornò con un capriolo in bocca deponendolo ai piedi del principe. Quando questi ripartì, il leone lo seguì domesticamente fino a Roma, dove il principe, stando col suo leone, apprese che il luogo in Lombardia dove aveva incontrato il Leone era la città di Cremona. Dopo che il principe fu ripartito da Roma, il leone che lo seguiva venne a mancare. Allora il principe portò con sé le sue ossa in Francia e, quando tornò in Lombardia, a Cremona, riedificò la città; e per prima cosa pose le ossa del leone nelle fondamenta del muro dove c’è il Torrazzo ("et in fundamento muri ubi est torratium ossa leonis primo posuit"). E questa è la causa per cui in cima al Torrazzo è posto un leone, e dev’essere con la zampa alzata, in ricordo del primo vero leone che sollevò verso il principe la zampa ferita dalla spina».
La leggenda di un principe gallico che seppellì sotto il torrazzo un leone curato da lui tra le rovine di Cremona riaffiora nel 1515. In un passo degli Annales, Domenico Bordigallo (verosimilmente basandosi sul precedente passo di Jacopo o di qualche fonte perduta), decantando la bellezza e la maestosità del Torrazzo, riporta la stessa storia con qualche particolare in più sul leone bronzeo posizionato sulla guglia: «Al di sopra dei merli, un certo principe Gallo, per un suo voto in cammino alla volta della città di Roma, lo decorò (il Torrazzo,ndr) moltissimo con la torre e con la pigna e con la ghirlanda. E seppellì nel piede della Torre (“in pede turris sepelivit”) il leone suo familiare, venuto a morire. In memoria di questo, eresse sopra le mire anche un leone in bronzo, rivolto a Parma. Dal metallo di questo leone, dopo lunghi tempi, secondo le cronache fu fabbricato un gran tintinnambulo, ossia la campana grossa».
E, ancora nel 1588, Ludovico Cavitelli, in un passo dei suoi Annales (anch’egli riprendendo da Jacopo o da qualche fonte comune), parlando dei leoni stilofori dei due protiri, spiega che vennero scolpiti «per conservare la memoria del leone un tempo prostrato ai piedi dell’Eroe Gallico e delle sue ossa poi seppellite nelle fondamenta di questa Torre, quando fu riedificata la stessa città, dopo che fu distrutta da Agilulfo Longobardo, per opera dell’Eroe e per indicare che la città stessa è posta sotto l’astro del Leone». La narrazione sembra ripresa da Jacopo d’Acqui (o da qualche fonte comune). Anche in questo caso, come nella Cronica di Jacopo, l’eroe gallico non ha nome, ricostruì Cremona dopo la distruzione longobarda di Agilulfo e il leone è prostrato ai suoi piedi. Però non si dice il perché. «E ciò – ipotizza la Saracino – induce a pensare che ai tempi del Cavitelli la leggenda del leone fosse così ben conosciuta da non abbisognare di essere ripresa per intero».
Ora, in questa leggenda vi sono senz’altro alcuni elementi da rifiutare. A cominciare dall’attribuzione all’ignoto eroe gallico del merito della ricostruzione di Cremona dopo l’assedio longobardo di Agilulfo. Come riporta Pellegrino Merula ne Il santuario di Cremona (1627), l’impulso alla riedificazione e ripopolazione della città partì probabilmente dalla moglie di Agilulfo, la regina Teodolinda (in precedenza moglie del re longobardo Autari). Alla morte del marito, la regina ordinò la riedificazione di Cremona a partire dal quartiere San Michele (santo protettore dei Longobardi), con la edificazione della chiesa e di un fortilizio (verosimilmente sui resti di una fortificazione bizantina). Anche se il Merula non indica la fonte, gli storici sono piuttosto concordi nell’accogliere la notizia come veritiera. Altro particolare da respingere è il fatto che un principe Gallico abbia eretto la pigna e la Ghirlandina del Torrazzo, certamente posteriori al 1284. Ma da tale leggenda, secondo la Saracino, si potrebbe tuttavia ipotizzare una retrocessione della data d’inizio del cantiere della Torre (riconosciuta al 1284). Viene indicato come luogo di sepoltura del leone le fondamenta del Torrazzo. Quindi, ipotizza la Saracino, o quegli storici dovevano avere scarso senso critico, oppure per loro era scontato che le fondamenta della torre fossero antecedenti al 1284. Inoltre, la notizia della presenza di un leone bronzeo sulla guglia del Torrazzo in un periodo più o meno coevo a quando Jacopo scriveva, si trova nella Cremona Fedelissima di Antonio Campi (1585), dove, alle pagine 62 e 63 si legge: «1350 […] nel mese di maggio fu da cremonesi posto un leone di bronzo dorato nella cima del Torraccio». Si tratta di un leone diverso ed antecedente a quello di San Marco che i veneziani, impadronitisi di Cremona, fecero apporre sulla guglia nel 1506 (e distrutto da un fulmine nello stesso anno).
Lo stemma della Casata di Svevia, alla quale apparteneva Federico II Hohenstaufen |
Il leone posto sul capitello vegetale ai piedi della facciata della Cattedrale |
Uno dei due leoni stilofori che sorreggono il protiro della Cattedrale |
L’ANFITEATRO DI CREMONA ROMANA
Un mosaico rappresentante la scena di una “venatio” |
Il simbolo leonino sul vessillo della Legione XIII Gemina |
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