19 novembre 2014

PARANORMALE, LA NUOVA FRONTIERA DELLA SCIENZA

di Simona Gonzi




Jim Tucker, professore di psichiatria e scienze neuro-comportamentali all’Università di Virginia, studia dagli anni settanta i casi “inspiegabili” che hanno a che fare con la mente e la coscienza. Nel prestigioso college di Charlottesville, in Virginia, Tucker dirige la “Division of Perceptual Studies”, meglio conosciuta come Dops. L’istituto venne fondato alla fine degli anni sessanta da un altro professore, Jan Stevenson, e ha come obiettivo “l’investigazione scientifica ed empirica di fenomeni che suggeriscono che le attuali assunzioni della scienza e le teorie sulla natura della mente o della coscienza possano essere incomplete”.
In pratica Stevenson, a costo di essere osteggiato ed emarginato dalla comunità accademica ufficiale, di cui faceva parte, creò una nuova branca di studi, convinto che la ricerca scientifica rigorosa possa -anzi, debba- essere applicata anche al paranormale. A metterlo al riparo dalla mancanza di fondi per la ricerca (da sempre gestiti dagli scienziati più tradizionalisti) fu Charles Carlson, l’inventore della xerografia, che lasciò 1 milione di dollari al Dops, probabilmente su richiesta della moglie, di cui era nota la passione per il paranormale. Che non sarebbe, dunque, qualcosa di slegato dalla realtà, ma semplicemente la definizione di quei fenomeni che non abbiamo ancora esplorato e compreso.
Il professor Tucker si occupa soprattutto di bambini che hanno ricordi nitidi che sembrano appartenere a persone vissute nel passato e a grandi distanze da loro.
Come James Leininger, che aveva solo due anni quando, nei suoi incubi notturni, sognava aerei colpiti che precipitavano. Di giorno ricordava di essere stato il pilota di un caccia, ma non era un racconto dettato dalla vivace fantasia di un bambino: James ricordava con precisione di essere stato a bordo della portaerei Natoma Bay, parlava di una sincera amicizia con un altro pilota, Jack Larsen e raccontava, nei particolari, la propria morte, dopo che il suo aereo era stato abbattuto dai giapponesi nel cielo di Iwo Jima. Dalle ricerche condotte dal professor Tucker sui racconti di questo bambino emersero risultati sconcertanti: i fatti a cui faceva riferimento il bambino erano realmente accaduti più di mezzo secolo prima, e nella battaglia di Iwo Jima effettivamente la portaerei Natoma Bay aveva perso un solo pilota. Si chiamava James Huston e veniva dalla Pennsylvania, quasi duemila chilometri lontano dalla casa del piccolo James, e le circostanze della sua scomparsa combaciavano perfettamente con il racconto del bambino, perfino nel nome del pilota dell’aereo in volo dietro di lui al momento dello schianto: Jack Larsen. “E' assolutamente impossibile che un bambino di due anni e mezzo possa aver assorbito in un qualche modo queste informazioni”, ha affermato Tucker, e nessuno ha potuto contraddirlo. Dunque, l'unica possibilità è che la personalità di James Huston sia sopravvissuta dopo la morte e sia entrata nel corpo di James Leininger. E' solo uno dei casi simili -oltre tremila!- studiati dal Dops, casi che riguardano sia adulti che bambini. Tra di essi, famoso il caso che ha avuto come testimone una psicologa, Carol Bowman, inizialmente scettica sugli studi compiuti dal Dops. Che la sia chiami personalità o mente o coscienza è impossibile, pensava la Bowman, che sopravviva alla morte per poi entrare in un altro corpo. Nonostante questo Carol accettò il consiglio di un collega di portare Chase, il proprio figlio, da Tucker, visto l'inspiegabile terrore del bambino per i fuochi artificiali. I bambini, si sa, adorano i fuochi artificiali. Chase Bowman, invece, reagiva correndo a nascondersi sotto al letto e urlando disperato. Tucker lo sottopose a ipnosi regressiva e il bambino rivelò una seconda personalità: in lui emersero infatti i ricordi di un soldato morto durante la Guerra Civile americana sotto un... bombardamento di mortai! I fuochi artificiali, dunque, gli facevano “rivivere” tale esperienza. Carol era esterefatta, anche perché nel punto del corpo in cui il bambino, sotto ipnosi, ricordava di essere stato colpito e ucciso da una scheggia metallica... bene, proprio in quel punto c'era una macchia rossa che il piccolo aveva fin dalla nascita. La Bowman smise di essere scettica, iniziò a credere nella reincarnazione, tanto che scrisse un libro dal titolo “Piccole anime senza tempo”. Il libro, che elencava tutta una serie di casi sconcertanti, divenne subito un best seller (ve ne consigliamo la lettura: al momento l'edizione italiana è purtroppo fuori catalogo, ma non è impossibile trovarla). Notare come nel titolo la Bowman usi il termine “anima”. Tucker e lo staff del Dops preferiscono parlare, appunto, di personalità e coscienza.
Questo non significa negare la possibilità della reincarnazione, ma lasciare aperto il campo anche ad altre spiegazioni. Sappiamo che i nostri pensieri sono energia elettromagnetica (oggi possiamo persino misurarne intensità e variazioni), e nulla esclude che questo campo di energia possa staccarsi dal corpo dopo la morte ed entrare nelle cellule di un altro essere umano, proprio come un campo elettromagnetico sotto forma di corrente scorre da una centrale elettrica fino alla nostra abitazione, illuminandola. E' ciò che accade ogni volta che schiacciamo un interruttore. Già, ma dov'è l'interruttore nei casi studiati dal Dops? E lungo quali fili invisibili la personalità si trasmette da un corpo morente a uno che sta nascendo? “I fili del destino”, li ha definiti qualcuno per sottolineare la casualità di questi eventi. Ma siamo sicuri che siano casuali? Forse tra gli esseri umani ci sono legami invisibili che la scienza non sa ancora “vedere”. Tucker e il Dops ci stanno provando, ignorando l'ironia che viene a volte fatta sui loro studi. C'è chi tira in ballo X-Files, chi afferma che un fenomeno può essere definito scientifico solo se è ripetibile, ma ovviamente non esistono esperimenti in cui si può inserire la stessa coscienza in più persone. A Tucker questo non importa. Gli scettici possono affermare ciò che vogliono, ma mancano di una cosa fondamentale: una spiegazione. E dunque le loro affermazioni lasciano il tempo che trovano. Diceva un altro grande studioso della mente, lo psicanalista Gustav Jung: “Non commetterò l'idiozia tanto in voga di considerare un falso tutto ciò che non riesco a spiegare”. Lo diceva negli anni cinquanta del secolo scorso, ma evidentemente il numero degli “idioti” non è diminuito, da allora. Fortunatamente, esiste anche la controparte, cioè accademici seri che, come Stevenson e Tucker, non hanno il paraocchi. Lo psicologo Jesse Bering ha scritto, sulla prestigiosa rivista “Scientific America”: «Non è per nulla scontato il fatto che il lavoro del Dops sia privo di senso» e si è chiesto perché i dati raccolti dall’Istituto non vengano presi più seriamente: «Forse che il nostro rifiuto anche di guardare a questi risultati, men che meno discuterne, sia riconducibile alla paura di sbagliarci?». Paura che è tutt'uno con quella di dover fare a meno di antiche certezze.
L'equipe del Dops non studia solo i ricordi di vite precedenti. Col tempo la sua ricerca si è allargata ad altri fenomeni inspiegabili, come le percezioni extrasensoriali o i casi di poltergeist.
Anche in questo caso, si tratta di fenomeni di cui nessuno può negare l'esistenza, e che sembrano sempre collegati alla mente umana. Banale ricordarlo, ma tutti noi sfruttiamo solo una minima parte delle capacità del nostro cervello. E' dunque proprio il cervello la nuova frontiera da esplorare, e dobbiamo essere grati al Dops perché ci sta provando, con assoluto rigore e serietà. Il motto di X-Files è: “La verità è là fuori”. In realtà potrebbe essere dentro di noi. 


L’articolo di Simona Gonzi è stato pubblicato sul numero 19 di Ottobre 2014 della rivista “Mistero”. Protetto da Copyright, pubblicato su questo sito per gentile concessione della redazione di “Mistero”, e degli amici Simona Gonzi e Ade Capone.