di Paolo Panni
Solo a guardarle le Torri dei Castiglioni, poste in Val Cedra, tra Zibana e Isola di Palanzano, emanano qualcosa di sinistro e di lugubre. Sarà il loro aspetto decisamente vetusto, saranno forse le condizioni di estrema rovina in cui versano. Ma fin dal primo impatto le sensazioni non sono delle migliori. E andando ad approfondire la loro storia ecco che le sensazioni trovano subito un chiaro fondamento. L’antico fortilizio, detto “Castione” nell’investitura estense del XV secolo e “castro” nei catasti farnesiani del XVII secolo, da molto tempo abbandonato, “ospiterebbe” nientemeno che Belzebù, il principe dei demoni, come viene definito anche nel Nuovo Testamento. Secondo solo a Lucifero, secondo il cristianesimo medievale sarebbe a capo di una schiera di ben 6.666 creature infernali. Un numero, quello indicato, arrivato fino ai giorni nostri in seguito alle profezie della Monaca di Dresda, giovane religiosa che visse tra il XVII e il XVIII secondo. Secondo queste profezie, Satana avrebbe regnato sulla terra per diciotto anni, vale a dire per 6.666 giorni: numero che chiaramente risente sia del famoso 666 apocalittico che, appunto, del numero di demoni sottomessi a Belzebù che, stando invece alla tradizione cabalistica, comanderebbe, insieme a Bodon, un gruppo di spiriti della menzogna. Di lui parla anche Dante Alighieri nella Divina Commedia (Inferno, XXXIV, 127) definendolo “principe de’ demoni e de’ traditori di loro signori”, identificandolo direttamente in Lucifero.
Ma cosa ci farebbe uno spirito maligno, tanto potente, in questo fortilizio posto sull’Appennino Parmense, nelle Valli dei Cavalieri, all’interno di uno scacchiere castellano dalla singolare forma di pentacolo? Difficile, al momento, rispondere a questa domanda. E’ noto però, e non pochi residenti, specie i più anziani, lo confermano che tra i ruderi delle Torri dei Castiglioni, nelle notti senza luna, si aggirerebbe Belzebù che, muovendosi saltellando di qua e di là, creerebbe vistose scintille verdi e rosse, diffondendo nei dintorni un odore acre di zolfo e di bruciato. Proprio da questi odori, che più volte, non poche persone, hanno avvertito sarebbe nato questo accostamento con il principe dei demoni. Di cui, localmente, non si sa altro come non si è a conoscenza di eventuali esorcismi praticati su persone e ambienti. In attesa di approfondire ulteriormente l’inquietante vicenda è corretto anche “scavare” tra le storia di queste tre torri.
L’attuale complesso, ottocentesco, sorge sulle rovine di un antico fortilizio a lungo conteso tra i Vallisneri di Vairo e quelli del ramo reggiano. Vallisneri che lo abbandonarono, al tramonto del loro Casato, tra il XV ed il XVI secolo. Passò quindi alla famiglia locale dei Castiglioni che ne ebbero la proprietà per pochi secoli. Fu l’avvocato Domenico Castiglioni che, intorno al 1890, si fece promotore dell’opera di ricostruzione, restituendo al fortilizio l’antica dignità. Ancora oggi sul portale d’ingresso, nella chiave di volta, si nota lo stemma dei Castiglioni, accompagnato dal cartiglio con l’impresa “Amor et Fides”. L’edificio attuale è quindi il risultato di una ricostruzione tardo ottocentesca, non si sa fino a che punto fedele alla precedente remota struttura. Da tempo si parla anche di un suo recupero, per destinarlo ad ospitare il Museo storico ed etnografico delle Valli dei Cavalieri e delle Corti Vescovili di Monchio. Progetto che continua a restare nelle idee, e sulla carta. Nel frattempo il complesso si trova in condizioni di evidente rovina e la situazione, col passare dei tempo non fa altro che peggiorare, con crolli che si fanno sempre più evidenti. La speranza, anche se i tempi non sono dei migliori, è che alla fine il suo recupero possa andare in porto.
Fonti bibliografiche e sitografiche
G.Capacchi, “Castelli Parmigiani”, Silva Editore, 1997
G.Finadri, “Castelli sconosciuti del Parmense”, Stamperia scrl, 2012
M.Calidoni, M.C.Basteri, G.Bottazzi, C.Rapetti, S.Rossi, M.Fallini, “Castelli e Borghi”, Mup Editore, 2009
L.Sartorio, “Magica Rozada ad San Zvan. Mappa dei luoghi misteriosi del Parmense e della Lunigiana”, Grafiche Step Editrice 2014.
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