di Paolo Panni
Ci si è già occupati di quella di Piacenza, ma anche la provincia di Parma, per numeri di casi, segnalazioni e leggende può essere annoverata come una terre delle più infestate d’Italia. In linea con lo stile del nostro gruppo, e quindi senza voler entrare nella veridicità o meno dei singoli fatti, è senz’altro interessante fare una “mappa dei fantasmi” del Parmense. Sapendo che, per chi si occupa di misteri e di paranormale, la parola “fantasma” è una delle prime da scartare e da lasciare al mondo delle favole. Ma, senza voler contraddire quanto appena evidenziato, si precisa che viene utilizzata al fine di rendere la lettura e la comprensione più agevole, a tutti: quindi anche ai semplici curiosi.
Dalla Bassa pianura alla collina, per arrivare quindi in montagna, si può decisamente affermare che il Parmense è “terra di fantasmi”, con un elevato numero di casi, e quindi di misteri, alcuni dei quali anche particolarmente singolari e curiosi.
Fra i più famosi quelli di Bardi e di Soragna.
Alla Fortezza di Bardi, celeberrima è la vicenda legata alle figure di Moroello e Soleste. Comandante delle truppe il primo, figlia del castellano la seconda. Una storia d’amore finita in tragedia (una vicenda simile a quelle di tante altre che “animano” numerosi manieri). Un amore impossibile, il loro, per l’epoca dal momento che Moroello non era altro che un soldato e Soleste, invece, una nobildonna. Secondo la leggenda, la tragica fine della loro relazione avvenne il giorno in cui Soleste, in attesa dell’epilogo di una guerra, vide sopraggiungere in lontananza le truppe nemiche e, presa dal dolore (in quanto convinta che avessero sconfitto e, quindi, ucciso Moroello e i suoi soldati) si tolse la vita. In realtà si trattava invece del “suo” Moroello e dei suoi soldati, che avevano indossato le insegne avversarie in segno di sprezzo verso le stesse. Moroello, sempre stando a quanto si racconta, preso poi dal dolore per il tragico destino dell’amata, si suicidò a sua volta. Una storia che sa decisamente di fantasioso, dal momento che i due non sarebbero nemmeno mai esistiti. Ma è altrettanto vero che, da sempre, la Fortezza di Bardi è “teatro” di fatti più che mai anomali. Rumori improvvisi, di porte e finestre che si aprono e chiudono all’improvviso, ma anche di catene e spade (forse a rievocare antiche battaglie), spesso uditi anche da persone non “sensibili”; visitatori che si sono sentiti male, all’improvviso, in determinati ambienti del poderoso edificio.
Non sono che alcune delle “stranezze” avvenute tra quelle antiche mura. Non a caso, da molti anni, la Fortezza è al centro di continui studi e ricerche, da parte di gruppi, studiosi e appassionati, con apparecchiature elettroniche, più o meno sofisticate. Non solo ricercatori italiani ma anche stranieri. Anomalie e addirittura avvistamenti, specie in questi ultimi anni, si sono fatti più frequenti e molta attenzione ha sollevato una immagine scattata con una termo camera dai ricercatori del Dipartimento di Ricerca del Centro Studi Parapsicologici di Bologna. In questa foto si vedrebbe abbastanza chiaramente la figura di un cavaliere. Che sia il leggendario Moroello? O qualche altro cavaliere che ha abitato il castello? Difficile, se non impossibile, dare una risposta ma, quel che è certo è che la Fortezza di Bardi, non solo a livello storico ma anche paranormale può essere considerata uno dei luoghi più interessanti d’Europa. Se, tra l’altro, la vicenda di Moroello e Soleste, per quanto famosa, sembra dover essere relegata al mondo della fantasia, la stessa cosa non può dirsi per un altro personaggio vissuto realmente, nel XVI secolo, tra le mura del castello. Si tratta di Giulia, moglie del Principe Agostino Landi, che sarebbe apparsa al marito tre volte, dopo la morte avvenuta nel 1546. Alla vicenda è anche stato dedicato un libro, nel 1992, intitolato “Il Principe Agostino Landi e il fantasma della moglie Giulia”, ristampato cinque anni più tardi col titolo “Il fantasma di Giulia Landi moglie del Principe Agostino”. Se dunque, come si anticipava, la Fortezza di Bardi può essere indicata come uno dei luoghi più interessanti, a livello europeo, in fatto di storia e di attività paranormali (si parla anche di situazioni paranormali legate alla figura di Pietro Cella, ufficiale degli Alpini, nativo di Bardi e deceduto durante la battaglia coloniale di Adua del 1896, e di una bambina che sarebbe stata murata viva perché affetta da una malattia ignota), è altrettanto vero che Bardi può essere annoverato fra i comuni più infestati d’Italia.
Nella frazione di Vosina, invece, a sua volta completamente abbandonata, si dice che i residenti se ne siano andati perché spaventati dalle continue “vocine” che si udivano negli immediati dintorni (da qui, tra l’altro, il nome del paese).
Altro borgo abbandonato, a breve distanza da Bardi, ma in comune di Compiano, è quello di Cà Scapini: una località fantasma molto nota agli appassionati di paranormale, tanto da poter un po’ essere definita la “ghost town” dell’Appennino Parmense. A questo borgo sono legate storie drammatiche di ragazze e bambini uccisi. Non a caso viene definito il “paese dei bambini perduti”. Si parla anche di una pastorella ritrovata, sul finire degli anni Quarante del Novecento, orribilmente mutilata accanto alla chiesetta della località. Fatti che trovano ben pochi riscontri ufficiali, ma numerosi sono, tuttavia, i riscontri che si sono più volte avuti a livello paranormale, da parte di gruppi di ricerca che si sono recati sul posto.
E non mancano i fatti singolari nella non distante Compiano dove si narra di rumori notturni, tonfi, sbattere di porte e finestre nell’antica casa degli Alpi, di cui non resta traccia. Intensa sembra però essere l’attività paranormale legata al bel castello che svetta sul borgo. Sempre a Compiano si parla anche di un vecchio convento in cui dimoravano alcuni eremiti, poi scacciati dal vecchio proprietario dei terreni su cui vivevano, col solo fine di trarre maggior profitto dall’orto dei frati. Ancora oggi quell’orto è considerato “stregato” e si racconta di infernali rumori di catene provenire da quel posto. Ancora a Compiano, secondo la tradizione, nella notte del solstizio del 23 giugno, alla base del castello si avvertirebbe un inquietante sferragliare di spade: si tratterebbe dello spirito guerriero del marchese Malaspina che costruì il maniero ed ancora oggi lo vorrebbe difendere da possibili incursioni.
Si è parlato, poco fa, del castello di Bardi ma non si può tralasciare un altro celeberrimo maniero, più volte scelto anche per la realizzazione di film e documentari. Si tratta del grande castello di Torrechiara, la più pregevole testimonianza rimasta di quel grande nobile e condottiero che fu Pier Maria Rossi. Proprio lo spirito di quest’ultimo, secondo la leggenda, vagherebbe all’ingresso della struttura, quasi a volerla difendere dalle “incursioni” lungo il trascorrere dei secoli. Ma si parla, sempre a Torrechiara, anche di una nobildonna murata viva dal marito, di cui non si sarebbero mai trovate tracce.
A proposito di fantasmi “in rosa” e, quindi, femminili, ecco che un altro celebre “spirito” sarebbe quello della “Dama Bianca” (o fata), da alcuni scambiata nientemeno che per la Madonna, che nell’Ottocento sarebbe stata vista più volte aggirarsi nell’area del castello di Pellegrino Parmense, al punto da attirare frotte di visitatori.
Visto che si è parlato di “fate” ecco che quella forse più famosa del Parmense è la Fata Bema, legata al castello di Montechiarugolo. Si tratta di una vicenda in cui realtà e fantasia, decisamente si mescolano. Bema, secondo quanto si narra, era una giovane fanciulla, nata verso la fine del Cinquecento, buona, bellissima e dotata di poteri magici. A Montechiarugolo giunse in una giornata di maggio del 1593 e presso il castello, nei cui boschi spesso Ranuccio Farnese, terribile duca di Parma andava a caccia di cinghiali, la ragazza realizzò un piccolo palco per la predizione del futuro al quale si avvicinano gli ospiti del maniero. Tra essi si trova anche il Farnese, noto proprio per il carattere cupo e fortemente superstizioso. Il duca venne attratto dai poteri della giovane. Dopo un primo momento in cui Bema ricevette l’appoggio del Duca attraverso un salvacondotto per circolare liberamente nel territorio farnesiano, Ranuccio, vinto dal timore di essere ammaliato e manipolato, decise di liberarsi dell’indovina facendola rinchiudere nella prigione della Rocchetta. Una lunga e dura prigionia con la fanciulla che, giunta allo stremo delle forze fu poi liberata a furor di popolo. Rientrata a Montechiarugolo fu assunta alla corte dei Torelli per la gestione domestica. La fanciulla e Pio Torelli, figlio dell’illuminato Pomponio e di Isabella Bonelli, finirono per innamorarsi. Ma sapendolo un amore impossibile Bema non assecondò il cuore, e rifiutò Pio che fu mandato dal padre a terminare la sua formazione presso la corte di Parma. Erano i momenti della presunta congiura contro Ranuccio Farnese, il quale temendo la potenza dei numerosi e potenti feudatari del ducato inscenò una congiura contro la sua persona, e attraverso un crudele e durissimo uso della tortura riuscì ad estorcere numerose confessioni. Il 19 maggio 1612, gli arrestati, compreso Pio Torelli furono decapitati davanti al palazzo di Giustizia di Parma, in piazza Grande, e le loro teste mozzate e conficcate su spunzoni a monito della città. Il castello di Motechiarugolo fu occupato da una guarnigione ducale e Bema, disperata per la morte di Pio, si rifugiò in una piccola casa nei pressi del castello, occupandosi di dare aiuto a poveri e bisognosi. Una ragazza bella e buona, Bema, che dalla morte ad oggi, tornerebbe a manifestarsi nel castello il 19 maggio di ogni anno per piangere il suo amore perduto.
Famosissimo fantasma femminile è quello di Cassandra Marinoni, ben più conosciuta come Donna Cenerina. E qui ci si sposta nella Bassa Parmense, a Soragna, tra le mura della rocca Meli Lupi. Di lei hanno scritto decine di riviste e giornali e si sono occupate televisioni per realizzare documentari e servizi. Cassandra Marinoni (definita “Donna Cenerina” per il colore dei suoi capelli) era la moglie del Principe Diofebo II Meli Lupi e venne assassinata nel 1573, forse per interessi di famiglia, dal cognato Giulio Anguissola. Da allora pare che il suo spirito, senza aver trovato pace, vaghi tra le mura e le sale dello splendido castello.
Spostandosi di pochi chilometri, a San Secondo Parmense, nella imponente Rocca dei Rossi sarebbe stata trucidata, nella Sala di Latona, una fanciulla rea di essersi opposta ai desideri sessuali di uno dei Rossi. Secondo alcune teorie, le macchie di sangue della sventurata si troverebbero ancora oggi sul camino. Ed i lamenti e i gemiti di lei, in più occasioni sarebbero stati avvertiti all’interno della Rocca. Rocca che sarebbe stata anche al centro di un altro terribile fatto, legato a un giovane a sua volta trucidato. Ma di questo fatto si hanno ben poche notizie.
E, giusto per restare in tema di fantasmi femminili, senza spostarsi troppo da San Secondo, ecco che a Roccabianca, nel suggestivo castello che svetta nel centro del paese, vagherebbe lo spirito di Bianca Pellegrini: la stessa di Torrechiara, amante di Pier Maria Rossi.
Rimanendo tra i castelli della Bassa e spostandosi a quello, meraviglioso, di Fontanellato, sembra che anche qui le presenze siano “in rosa” e, cioè, femminili. In particolare sarebbero due le entità che popolano l’imponente rocca Sanvitale. Una apparterrebbe a Barbara Sanseverino, contessa di Colorno, fatta decapitare nel 1612 da Ranuccio I Farnese in seguito alla “congiura dei feudatari”. La nobildonna si aggirerebbe tra le sale della rocca, con la testa mozzata in mano. Ma potrebbe esserci anche lo spirito di una bambina, sepolta nell’oratorio di S.Carlo: forse Maria Sanvitale, figlia di Albertina e Luigi Sanvitale, nonché nipote di Maria Luigia d’Austria, morta quando aveva appena 5 anni, 7 mesi e 7 giorni.
Tornando sui monti, se è vero che l’Appennino Parmense è impreziosito da rocche e castelli perfettamente conservati, è altrettanto vero che molti altri sono ridotti a cumuli di macerie. Come quello di Roccalanzona, detta anche “Rocca dei leoni”. Qui si aggirerebbero gli spiriti inquieti di giovani contatine locali, gettate nel terribile e leggendario pozzo del taglio dopo essersi rifiutate di trascorrere nottate insieme ai signori del maniero, al termine di feste danzanti e banchetti. Sempre a due passi dalla rocca di Roccalanzona, in più occasioni sarebbero state notate figure diafane, forse appartenenti alla figlia di uno dei conti di Roccalanzona e ad un contadino della vicina Gallicchiano, la cui storia d’amore impossibile per i ranghi troppo diversi ai quali appartenevano, culminò drammaticamente quando i due decisero di gettarsi dalla rupe di Pietra Corva. Pietra Corva che, va detto, sorge sull’antico e suggestivo percorso della “Maria Longa”, che congiunge Ramiola passando proprio per Roccalanzona e Pietra Corva, fino a Mariano di Pellegrino. Fra le “tappe” che si incontrano, quella di Montesalso (a due passi da Pietra Corva) dove, secondo quanto si tramanda, un tempo esisteva un convento di fati che vennero uccisi da una banda di predoni. Ancora oggi c’è chi giura di aver notato, in quell’area, processioni di monaci fantasmi.
Altro poderoso maniero di cui non restano che pochi, poveri ruderi, è quello di Gusaliggio, nel territorio di Valmozzola. Qui i fantasmi sarebbero due. Il più famoso, quello di Oberto VII Pallavicino Il Grande, una delle più eminenti figure ghibelline dell’Italia del XIII secolo. Ancora oggi, secondo le storie e le leggende, apparirebbe ogni anno, la notte dell’8 maggio, anniversario della sua morte. Ma tra i ruderi di Gusaliggio si potrebbero anche sentire i lamenti e i pianti della bella e giovane Richilda, bella ma perseguitata fanciulla del paese, finita al centro dei desideri del cavaliere Mariano, figlio del castellano di Specchio. Desideri che vennero ripetutamente respinti e, così, il padre di lei fu rapito, legato e imprigionato nelle segrete del castello. I lamenti che ancora oggi si sentirebbero, secondo la narrazione popolare, apparterrebbero alla ragazza, da sempre in preda alle sue pene d’amore e disperata per la tremenda fine del padre.
Si è detto di Oberto VII Pallavicino, che apparirebbe l’8 maggio di ogni anno e qui va detto che quello di maggio può essere un mese da tenere in ampia considerazione per gli appassionati e gli studiosi di paranormale che si recano a proseguire le loro ricerche in terra Parmense. Infatti, una ventina di giorni più tardi, il 29 maggio, ai “Muroni” di Sanguinaro di Noceto apparirebbero fantasmi di guerrieri, nella radura che si trova dove un tempo sorgeva il castello (di cui non restano che pochi, poverissimi ruderi) e si udrebbero rumori e fragori del tutto simili a quelli di una battaglia. Forse quella celeberrima di Legnano, del 1176, che si spinse fin da queste parti e vide le truppe della Lega Lombarda sconfiggere quelle di Federico Barbarossa. E gli spiriti sarebbero proprio quelli dei guerrieri del Barbarossa. Realtà o fantasia, come sempre. Ma resta il fatto che, in un vicino sotterraneo, anni fa sono stati rinvenuti scheletri che ancora indossavano le armature. A proposito di soldati e guerrieri, rimanendo in zona, ecco che a Noceto, nella rocca che svetta nel centro del paese, in svariate occasioni sarebbero stati uditi rumori anomali. Forse appartenenti a soldati dato che l’edificio, negli anni, è sempre stato sede di guerrieri e soldati?.
Da Noceto, proseguendo in direzione Medesano e Fornovo Taro, si giunge poi a Varano Melegari, borgo impreziosito dal suo grande e suggestivo castello Pallavicino. Maniero che, specie in questi ultimi anni, è stato al centro di ricerche e indagini da parte di gruppi che si occupano di paranormale, compreso il nostro. Stando ai risultati emersi, pare che l’attività paranormale, all’interno dell’antico edificio, sia particolarmente intensa. E qui il fantasma più famoso sarebbe quello di don Bernardino Pallavicino, sacerdote (obbligato) passato alla storia soprattutto per la sua passione nei confronti delle donne. Che per le smanie nei confronti di una ragazza, Caterina, moglie di Gian Pietro Musini (figlio del fattore di Gian Francesco Pallavicino), uccise il padre di quest’ultimo con tre pugnalate. Da donna Caterina ebbe qualcosa come nove figli, ma non perse mai le sue passioni anche verso altre donne. Dopo la morte, il suo corpo fu portato via dalla “sua” Varano. Per questo si dice che ancora oggi vaghi nell’antico edificio, dove vorrebbe forse restare e dove, secondo le testimonianze di alcune sensitive, vagherebbero anche alcune donne imprigionate e morte nelle prigioni dell’edificio.
Altra agghiacciante vicenda è quella di Ottobono Terzi, il cui spirito in pena vagherebbe, nella notti senza luna, attorno al castello di Guardadone (vicino a Traversetolo) e nei vicini casolari. Stando a quanto riportato sarebbe una figura altera, demoniaca, che ancora oggi soffre le pene della sua morte violenta. Apparirebbe con i grandi occhi sbarrati, una vistosa ferita al collo (che ne fa immaginare la decapitazione), una lunga spada con aggrappate le mani adunche, il passo pesante e ritmico. Feroce feudatario medioevale, vissuto tra la seconda metà del Trecento e gli inizi del Quattrocento, nemico dichiarato dei Rossi, fu ucciso nel Modenese con una pugnalata che ne provocò, appunto, la decollazione. Fu quindi fatto a pezzi e il suo corpo gettato in pasto ai cani, mentre a Modena la sua testa venne appena a una porta delle mura, per essere divorata dai corvi. A Guardasone c’è chi afferma di aver anche sentito i lamenti strazianti di coloro che Ottobono terzi fece uccidere ad inizio Quattrocento. Alla figura di Ottobono Terzi è legata anche la torre di Rusino, ultima traccia della rocca costruita proprio nel periodo di maggior splendore dello stesso Ottobono. Qui spicca un’antica leggenda che veniva raccontata, come favola, ai bambini e riguardava un misterioso cavallo bianco che, nelle notti di plenilunio, scendeva dal dirupo per poi sparire all’improvviso, facendosi notare, per altro, solo ai “puri di cuore”. Ma c’è anche una vicenda tragica, riportata da Bonaventura Angeli nel 1591 nella sua “Historia di Parma”: è quella di una giovane donna in gravidanza, assalita e sbranata da due mastini, mandati da un paio di fratelli che spadroneggiavano nel luogo. Da tempo si dice che nelle notti di luna piena lo spirito della sventurata torni a farsi sentire e vedere, a Rusino, mentre corre in preda al terrore, inseguita dai mastini inferociti. Ancora alla figura di Ottobono Terzi è legato un altro maniero, stavolta in pianura, quello di Castelguelfo, riconquistato nel 1407 proprio dallo stesso Terzi. In un raro volumetto del 1892, stampato a Parma, si legge una testimonianza di Luigi De Luchi che parla, tra le altre cose, di rumori misteriosi, gemiti e vagiti attribuendoli agli “echi lontani delle grida disperate di dolore, che mandava il misero sotto il martirio della tortura, e nelle strane angoscie di morte nei tratti di corda, sono gli urli di rabbia, di bestemmie, di imprecazioni con cui faceva rintronare le volte dell’insanguinato carcere il servo…sono forse gli echi delle ultime supplicazioni, del pianto, delle preghiere che la verginella rivolgea, e il crudele Sire troncava negli orrori dei trabocchetti”.
Luogo caratterizzato da una intensa attività paranormale, comprovata da diverse indagini compiute da gruppi di ricerca, è poi il castello di Bargone, a poca distanza da Salsomaggiore. Ed anche qui, come nel caso di Ottobono Terzi, si è di fronte ad un drammatico omicidio per decapitazione. Vittima della tragica morte fu Giacomo Pallavicino, signore di Bargone, eliminato dai nipoti Francesco e Niccolò. Stessa sorte anche per suo figlio Giovanni e a coloro che, al termine di un banchetto/trappola, decisero di opporsi. I due diabolici cugini, da allora divennero i nuovi padroni del feudo, ma per loro non ci fu tranquillità. Infatti più volte sarebbe apparso lo spettro di Giacomo Pallavicino. Inoltre sia Francesco che Niccolò (questi insieme alla moglie Maria Attendolo) morirono in circostanze macabre e misteriose. Quello di Bargone è senz’altro da considerare come uno dei castelli più intestati della provincia. Numerose sono le testimonianze, comprese quelle del proprietario, ma anche quelle di sensitive, di ricercatori e di semplici visitatori che dicono di essere stati al centro di fatti inquietanti, avvertendo rumori, lamenti; c’è chi si è sentito male ed è fuggito e, tra le altre cose, pare che nel castello sia stato murato vivo un bambino, di cui il proprietario avrebbe rinvenuto lo scheletro nel 1982.
Fra le storie meno conosciute si può citare quella della rocca di Solignano. Di questo edificio non sono rimasti che pochi ruderi. Si narra però della presenza, come in tante altre località della provincia, di un pozzo dei tagli di cui si sarebbe persa traccia. Ma, nelle notti di luna piena, a mezzanotte, lo si potrebbe individuare seguendo i lamenti provenienti del sottosuolo. E dal sottosuolo sembrano arrivare anche i singolari eventi del castello di Basilicanova: qui da tempo si dice che le donne che prestavano servizio ai proprietari, in passato, siano state più volte raggiunte da soffi gelidi sulla nuca e sul volto, mentre i loro abiti venivano trattenuti da mani invisibili.
Inquietante anche quanto viene narrato a Ravarano. E’ la storia di un pastore che, anni fa, durante una notte di temporale, si mise alla ricerca nientemeno che del diavolo nei pressi della rocca palla vicina. Lo fece armato di fucile e riuscì a intravedere, grazie alla luce di un lampo, una figura che correva sghignazzando. Sparò immediatamente ma la pallottola tornò indietro e lo uccise.
C’è poi un fatto che ha portato a gridare al miracolo, riguardante l’ormai scomparso castello di Borgo Val di Taro. Il 26 maggio 1799, mentre il paese si trovava “diviso” tra soldati tedeschi e francesi in guerra tra loro. I francesi ebbero la meglio e la popolazione si riversò in chiesa pregando il Signore e le anime del purgatorio affinchè il paese fosse salvato. Preghiere che, a quanto pare, furono ascoltate dal momento che, sempre secondo la leggenda, i fgrancesi al loro arrivo si ritirarono dopo aver visto, per tutta la notte, sugli spalti e sulle mura della rocca, migliaia di persone con torce accese in mano che si muovevano come sentinelle. I transalpini ne ebbero paura e si dice fossero le anime del Purgatorio, accorse in difesa della loro terra.
Sempre sui monti da anni si parla del borgo fantasma di Casacca, frazione di Berceto, recentemente acquistato da privati. Qui pare che spesso siano stati uditi rumori sinistri ed i lamenti di un bambino che sarebbe stato ucciso nei secoli passati.
Spostandosi più verso valle, a Felegara, anni fa all’interno di una casa ormai in rovina, vennero ritrovati due scheletri. Uno di questi sarebbe appartenuto ad una donna che, durante la durissima battaglia di Fornovo, raccattò il denaro dagli indumenti dei morti e dei feriti; tra questi anche un uomo che divenne poi il suo amante. I due ebbero anche un bambino. Il marito della donna, al ritorno dalla guerra, inviperito dalla scoperta, uccise sia la moglie che il bambino seppellendoli nella cantina di casa. Da allora si dice che alcuni testimoni abbiano sentito gemiti provenire dalla cantina, rumori di battaglie mentre altri avrebbero visto una donna fuggire assieme al bimbo, rincorsa da un uomo a cavallo che brandiva una spada. Con le sinistre figure che sarebbero poi svanite nel muro da dove giungevano i lamenti.
Infine, a Zibello, come dimostrato anche da accertamenti effettuati, sembra essere piuttosto intensa l’attività paranormale all’interno del cinquecentesco ex convento dei Padri Domenicani che, nel corso dei secoli, è stato anche ospedale e quindi luogo di sofferenza.
FONTI BIBLIOFGRAFICHE, SITOGRAFICHE E STORIOGRAFICHE
L.Sartorio, “Magica rozada ad san Zvan – Mappa dei luoghi misteriosi del Parmense e della Lungiana”, Grafiche Step Editrice Parma, 2014.
T.Marcheselli, “Fantasmi e leggende dei Castelli Parmensi”, Umberto Nicoli Editore
G.Capacchi, “Castelli Parmigiani”, Silva Editore, 1997
G.H. Stuart, “Italia dei fantasmi. La prima mappa dei fantasmi”, Arti Tipografiche Toscane, 1988
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