di Paolo Panni
Se Ca’ Scapini, per le leggende e le dicerie che la riguardano è ormai ampiamente considerata la “ghost town” dell’Appennino Emiliano, ad una manciata di chilometri dal borgo esiste un altro modestissimo villaggio (molto più piccolo) che può, a sua volta, essere considerato una piccola “ghost town”.
Il luogo in questione, situato nel vasto comune di Bardi, é Ronchi di Credarola, altra borgata da decenni completamente abbandonata, con le poche case ridotte ormai a ruderi. Della borgata era tra l’altro originario Giuseppe Spinetti, che ad inizio Novecento lasciò il paese natale per il Galles dove nacque il figlio Victor, attore molto conosciuto in Gran Bretagna (recitò anche con i mitici Beatles), scomparso nel 2012. La sua vicenda storica è analoga a quella di tutte le località abbandonate dei dintorni ma è arricchita da un importante, tragico episodio storico, di cui si parla anche sul portale valcenoweb.it. Infatti nella notte tra il 24 e il 25 novembre 1943 gli abitanti di Banzuolo, Porelli (altri due borghi a due passi da Ronchi) e di Ronchi (che, all’epoca, aveva ancora diversi residenti) furono svegliati di soprassalto da un boato.
Infatti un velivolo militare andò a schiantarsi, probabilmente a causa del temporale che quella notte infieriva sull’Appennino, contro il monte Ronchi. Dell’episodio parla ampiamente Domenico Rossi in un capitolo del suo libro <Credarola: la mia parrocchia>. L’aereo in questione era un Wellington XLM 329, appartenente alla 37esima squadriglia di bombardieri della base britannica di Djedeida (Africa Settentrionale). La squadriglia, come si può leggere anche sul sito valcenoweb, il 24 novembre alle 19.30, decollò per un’incursione notturna su Torino. L’equipaggio era formato da sei membri. Il capitano pilota, P.V. Taffe, neozelandese, il secondo pilota H.W. Fitch, canadese, il navigatore C.H. Wheasley, canadese ed i mitraglieri D.N. Crocker, J. Sheldon, W.G. Holmes, britannici. Erano tutti giovani in età compresa tra i 21 e i 28 anni. L’aereo portava un carico di 44 bombe incendiarie ed un pieno di 4000 litri di carburante. A causa delle pessime condizioni climatiche alcuni aerei ritornarono alla base, abbandonando la missione. Il Wellington, poco dopo la partenza, perdette invece il contatto radio con la base ed il resto della squadriglia, forse per un’avaria della radio trasmittente, ma nonostante questo, continuò la missione. Il rapporto canadese del giorno definisce quest’aereo scomparso per avverse condizioni climatiche o per azione bellica nemica. Dalle testimonianze oculari che lo definirono in fiamme, si potrebbe ipotizzare che venne colpito dalla contraerea e che non riuscì a scaricare su Torino il suo carico micidiale di ordigni: fatto, questo, dimostrato poi dalle numerose bombe che erano rimaste sparse sul Monte Ronchi dopo lo schianto.
All’alba del 25 novembre da tutta la zona partirono numerosi curiosi verso la cima del monte, ma la popolazione fu profondamente turbata dallo spettacolo di tutti quei corpi straziati trovati tra i rottami. Giunsero anche i militi repubblichini con il Segretario Berni. Il dottor Liborio Schittone (ufficiale medico del comune), come si legge ancora su valcenoweb e nel libro di Domenico Rossi, propose di seppellire subito i caduti, ma il Sig. Berni decise che questi giovani, ieri nemici ed oggi esseri umani defunti, dovevano avere una dignitosa sepoltura. Dopo la messa celebrata nella chiesa di Credarola dal parroco Don Dorino Ferrari, le sei salme furono sepolte nel cimitero di Credarola. Nel dicembre del 1945 i militari canadesi addetti al recupero delle salme dei loro connazionali dispersi, giunsero a Credarola, disseppellirono le salme dei loro aviatori e le trasportarono nel cimitero militare alleato a Milano.
Sul posto della tragedia rimangono oggi i ricordi, quelli dei più anziani. “Io – racconta una anziana signora incontrata casualmente a Porelli – all’epoca non ero che una bambina. Ricordo il temporale di quella notte e il boato che ci svegliò tutti. Fu davvero una tragedia”. Lei stessa, insieme a un po’ tutti i residenti, non appena si fece giorno, si recò sul posto e lo spettacolo che si trovò di fronte fu ovviamente raccapricciante. “Ricordo – si limita a dire – che c’erano pezzi di aereo sparsi un po’ ovunque e, purtroppo, i corpi senza vita degli occupanti. Uno di loro era rimasto impigliato tra le fronde di un albero”. Si vede che la donna non vuole andare oltre, perché quando si insiste con le domande si trincera dietro al fatto che all’epoca non era che una bambina ed essendo passati tanti anni ricorda poco. Ma i suoi occhi fanno chiaramente capire che si tratta di una pagina dolorosa, che non intende rievocare troppo. Ricorda però, questo sì, che nei tempi successivi, insieme agli amici, andava sui luoghi della disgrazia a cercare i pezzi d’aereo perché quello, per loro, era chiaramente un gioco.
Chiedendo in giro, anche nei dintorni, sono invece emerse testimonianze (dirette e indirette) di persone che, frequentando in tempi diversi la zona, hanno riferito di aver visto luci e bagliori improvvisi notturni, di aver avvertito strane sensazioni aggirandosi tra i boschi e anche di aver udito, in più occasioni, lamenti. Cosa c’è di vero e cosa di fantasioso? Inutile, come sempre, cercare di dare risposta a questa domanda. Rimane quindi il fatto del luogo che sembra celare misteri e fatti inspiegabili, attorno comunque a una pagina di storia delle Terre Alte da non dimenticare.
FONTI BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE
D.Rossi, “Credarola: la mia parrocchia”
LA FOTO DELL’AEREO E’ TRATTA DAL SITO
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