di Paolo Panni
Tra le numerose eccellenze storiche, architettoniche e ambientali della Val Ceno, il castello di Golaso è da considerare una vera e propria perla. Sia per le sue caratteristiche costruttive che per le sue svariate particolarità che lo rendono unico, nel suo genere, almeno per quanto riguarda l’Appennino Emiliano.
E’ considerato, innanzitutto, il castello senza storie a causa delle poche, scarse notizie che si hanno sul suo passato. Un passato che affonda, senza dubbio, le sue radici a parecchi secoli fa. Basti dire che si sono trovate documentazioni risalenti addirittura al 779 (in una pergamena di epoca longobarda conservata nell’archivio parrocchiale) ed in altri dell’879. All’epoca la località era nota come “Acolasio” o “Agolasio” mentre in altre carte è definita come “Agolate” o “Agolace”. E’ lecito supporre che già in quegli anni potesse esistere una primitiva struttura, che nel tempo ha ovviamente subito numerose modifiche e aggiunte fino alla attuale residenza signorile e fortificata, risalente con ogni probabilità ai secoli XV-XVI.
Un complesso imponente che associa sia le caratteristiche di struttura difensiva che quelle di residenza signorile e quelle di fattoria: proprio questa “miscela” lo rende unico, nel suo genere, almeno nella zona dell’Appennino Emiliano. Composto da due cortili, da una serie di bassi edifici scanditi da torri tonde angolari, è arricchito dal palazzo principale destinato a residenza, da una cappella dedicata all’Immacolata Concezione e da un caratteristico pozzo.
Nella sua interezza, di fatto, un’ampia casaforte con una superficie di ben 5mila metri quadrati. Appartenuto in passato ai conti Rugarli, dal 1821 è di proprietà della famiglia Corsini che lo custodisce e lo tutela con particolare attenzione e passione. Un casato, quello dei Corsini, di particolare importanza nella zona della Val Ceno. Uno da citare, su tutti, Gateano Corsini, già colonnello della Guardia d’Onore del Dipartimento del Taro e sindaco di Varsi, il primo della famiglia a stabilirsi all’interno del castello.
A rendere il grande, antico edificio misterioso ed enigmatico è quella particolare caratteristica, che lo porta ad essere definito come “Castello-Calendario”: infatti è contraddistinto da 12 scale quanti sono i mesi dell’anno, 30 porte quanti sono i giorni del mese, 4 corpi di fabbrica quante sono le stagioni ma, soprattutto, 365 finestre quanti sono i giorni dell’anno. Difficile ritenere che queste siano pure e semplici coincidenze.
Più facile pensare che almeno una parte di queste coincidenze sia stata appositamente voluta, forse per motivi legati a semplice superstizione o, magari, per aspetti di carattere esoterico? Difficile dare una risposta soprattutto nel momento in cui, a causa delle poche e scarse notizie storiche, non si hanno riferimenti sull’architetto che ha lavorato a questo tipo di struttura né su chi ha commissionato il tutto.
La più particolare peculiarità è senza dubbio quella data dalle 365 finestre, volute forse per illuminare in modo diverso gli ambienti del maniero in ogni giorno dell’anno? Va detto che questo delle 365 finestre di Golaso non è un caso isolato, ma una caratteristica che si può trovare anche in altri luoghi d’Italia e all’estero. Da citare, in particolare, le 365 finestre di Castel Wolsthurn (uno dei manieri più belli dell’Alto Adige) ma anche del castello di Arco e del Palazzo del Drago di Antuni (nel Lazio) così come del Palazzo Ducale di Giove (in provincia di Terni), di Palazzo San Giacomo a Russi (Ravenna) e, varcando i confini nazionali, anche le 365 finestre del castello di Graz (in Austria), del palazzo Episcolape di Oradea (in Romania) e del “Cortijo Jurado” conosciuto anche come la “Casa Encantada”, annoverata fra i luoghi considerati maggiormente infestati della Spagna.
Passando poi alle 12 scale, come non ricordare che il 12 è considerato uno dei numeri più “sacri”: indica infatti la ricomposizione della totalità originaria, la discesa in terra di un modello cosmico di pienezza e di armonia, indicando la conclusione di un ciclo compiuto. Sta anche a simboleggiare la prova iniziativa fondamentale che permette di passare da un piano ordinario a uno superiore, sacro ed ha un significato esoterico elevato perché associato alle prove fisiche e mistiche che deve compiere l’iniziato. Non irrilevante il fatto che in svariate culture i riti iniziatici si compiono all’età di 12 anni.
In definitiva, quindi, un complesso fortificato, signorile e agricolo, quello situato alle porte di Vari, a due passi dal torrente Ceno in cui chi ha costruito ha quantomeno messo in evidenza un entusiasmo particolare, e accentuato per i numeri? Oppure dietro a questa particolarità ci sono motivi misteriosi legati all’esoterismo o ad enigmi storici? Domande a cui è difficile dare una risposta e che quindi rendono questa monumentale struttura dell’Appennino Parmense ricca di fascino e di misteri.
FONTI BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE:
M.Calidoni, M.C.Basteri, G.Bottazzi, C.Rapetti, S.Rossi e M.Fallini – “Castelli e Borghi, Alla ricerca dei luoghi del Medioevo a Parma e nel suo territorio”, Mup Editrice, 2009
G.Finadri – “Castelli sconosciuti del Parmense”, Stamperia scrl, 2012
G.Capacchi – “Castelli Parmigiani”, Silva Editore, 1997
Gazzetta di Parma – Articoli vari
www.valcenoweb.it
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www.ifantasmi.it
LE IMMAGINI SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E DELL’ASSOCIAZIONE EMILIA MISTERIOSA. PER UN LORO UTILIZZO SI CHIEDE DI CITARE LA FONTE.
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